Le grandi imprese del
Sindaco Poeta
Enrico Hullweck
raccontate in versi a edificazione di grandi e piccini da Fritz il Gatto I episodio: Come Gentilini |
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1.
Se chi scrive avesse a meta una sfida in base al verso con il Sindaco Poeta (1) il confronto andrebbe perso, che il cantarLo è un’aspra prova da nessun tentata prima, giacché nulla ahimè si trova che con “Hullweck” faccia rima. |
2.
Solamente, questi piani umilissimi ottonari forti imprese e fatti strani in cui Chi mai ebbe pari svolge un ruol determinante di narrar han l’intenzione, nella speme che l’infante tragga esempio e ispirazione. |
3.
Soffre Enrico - e lo si vede - del malor che tutti coglie e il Suo cuor trafitto cede dell’invidia alle gran doglie, poi che sente nella Marca acclamare i cittadini amatissimo monarca il collega Gentilini. |
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4.
Si riunisce il Gran Consiglio per discuter la questione. Della Musa il caro Figlio non vuol più sentir ragione: “Cos’ha lui che a me difetta? Perché è tanto popolare? Se è per via della pancetta faccio presto ad ingrassare!” |
5.
Che producon quei cervelli confrontandosi in consesso? “Non son questi, non son quelli, i motivi del successo del limitrofo leghista!” tuona Conte (2) inviperito nel veder l’insulsa lista che la Giunta ha partorito. |
6.
“Non è bel né intelligente, non è colto né ha danari, non capite proprio niente, siete un branco di somari! Se Treviso lo incorona è perché la razza Piave s’è stancata d’esser prona alle genti negre e slave!” |
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7.
“Ho capito! Sono un genio!” grida il Vate in Municipio, “Saltiam presto sul proscenio, riprendiamo dal principio: fuori il negro e l’ottomano sia dei Veneti la piazza, leviam alta nella mano la bandiera della razza! |
9.
Ma diversa dalla Lega gradirei una soluzione perché l’uso della sega (5) ha per controindicazione, al vantaggio ch’è ben chiaro di cacciar l’odiate greggi, un esborso di denaro pel ripristino dei seggi. |
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10.
La mia Giunta un duro scotto pagherebbe se alla fine nei bei giorni detti ‘gli Otto’ (6) non ci fosser le panchine.” Ecco all’opra i pensatori: “Proviam questo� tentiam quello�,” finché il Duce salta fuori: “Con i chiodi ed il martello |
11.
muterem le panche amate in aguzzi puntaspilli: con le terga martoriate fuggiran quei rii conigli!” Così avvien e finalmente torna il sole a Campo Marzo: tra alti lai l’aliena gente se ne fugge d’un sol balzo. |
12.
“Per decreto sindachesco stabilisco che domani qui si tenga un gran rinfresco con presenti i trevigiani!” Così dice pregustando il confronto col rivale ed il chiodo assurge a brando, Campo Marzo è un Vittoriale! |
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13.
Il mattin del giorno appresso parte allegra la parata e il Comune ha fin concesso (7) che pel Corso la sfilata giunga in festa ai bei giardini, “Troveremo un parco nuovo, in cui, fuori i marocchini, assai grato fia il ritrovo!” |
14.
Ma sul posto orribil vista si propone ai consiglieri: c’è un’accolita imprevista di dormienti forestieri, negre barbe, gran turbanti, brutti ceffi d’altri mari, come usciti tutti quanti da un romanzo di Salgari. |
15.
Stan distesi nel dormire, incuranti delle spine, paion anzi assai gradire tal decoro alle panchine. Sono cento, sono mille sono un incubo di giorno ed Enrico le pupille come perso volge intorno. |
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16.
S’alza un Moro da una panca, si rivolge al nostro Enrico: “Pur cercando a destra e a manca mai trovai sì caro amico qual sei tu e ti ringrazio perché dopo tanti giri generoso hai dato spazio al Congresso dei Fachiri.” |
17.
Tosto s’alzan dai giacigli quegli Indù, e tutti insieme, grati volgono i cipigli a chi diè lor nuova speme; di Calcutta e Nuova Delhi, tutti in coro, i delegati vanno alzando il nome ai cieli del Rajah dei magnagati. |
18.
“Ringraziamo degnamente con il segno del rispetto!” e gestisce quella gente all’unisono, di getto. Ma la mossa che a Calcutta di gran stima è bel suggello qui da noi coincide tutta con il gesto dell’ombrello. |
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NOTE
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